Il caso

Autore: Bianca Pasotto
ASSINEWS 243: giugno 2013

Le norme applicate
Il principio basilare della assicurazione che copre la responsabilità per i danni arrecati dal  conducente e dal proprietario  durante la guida del veicolo, è  che il danno deve essere causato durante la circolazione del  veicolo.

L’art. 1 della vecchia L. 690/60 – ora art. 122 del Dlgs 209/05
dispone che:
1. I veicoli a motore senza guida di rotaie, compresi i filoveicoli e i rimorchi, non possono essere  posti in circolazione su strade di  uso pubblico o su aree a queste equiparate se non siano coperti dall’assicurazione per la responsabilità civile verso i terzi prevista  dall’articolo 2054 del codice civile e dall’articolo 91, comma 2, del codice della strada. Il regolamento, adottato dal Ministro delle attività produttive, su proposta  dell’ISVAP, individua la tipologia di veicoli esclusi dall’obbligo di assicurazione e le aree equiparate a quelle di uso pubblico.
2. L’assicurazione comprende la  responsabilità per i danni alla persona causati ai trasportati, qualunque sia il titolo in base al quale è effettuato il trasporto.
3. L’assicurazione non ha effetto nel caso di circolazione avvenuta contro la volontà del proprietario, dell’usufruttuario, dell’acquirente con patto di riservato dominio o del locatario in caso di locazione finanziaria, fermo quanto disposto dall’articolo 283, comma 1, lettera d), a partire dal giorno successivo alla denuncia  presentata all’autorità di pubblica sicurezza.  In deroga all’articolo 1896, primo comma, secondo periodo, del codice civile l’assicurato ha diritto al rimborso del rateo di premio, relativo  al residuo periodo di assicurazione, al netto  dell’imposta pagata e del contributo previsto  dall’articolo 334.
4. L’assicurazione copre anche la responsabi- lità per i danni causati nel territorio degli altri  Stati membri, secondo le condizioni ed entro i limiti stabiliti dalle legislazioni nazionali di ciascuno di tali Stati, concernenti l’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, ferme le maggiori garanzie eventualmente previste dal contratto o dalla legislazione dello  Stato in cui stazionano abitualmente”.

 

Quando il danno si verifica su strade pubbliche o aperte al pubblico, il risarcimento può essere chiesto direttamente nei confronti della compagnia assicuratrice del danneggiante.

L’art. 18 della vecchia L. 990/69 – ora art. 144 D.Lgs 209/05 – prevede:
1. Il danneggiato per sinistro causato dalla circolazione di un veicolo o di un natante, per i quali vi è obbligo di assicurazione, ha azione diretta per il risarcimento del danno nei confronti dell’impresa di assicurazione del responsabile civile, entro i limiti delle somme per le quali è stata stipulata l’assicurazione.
2. Per l’intero massimale di polizza l’impresa di assicurazione non può opporre al danneggiato eccezioni derivanti dal contratto, né clausole che prevedano l’eventuale contributo dell’assicurato al risarcimento del danno. L’impresa  di assicurazione ha tuttavia diritto di rivalsa  verso l’assicurato nella misura in cui avrebbe  avuto contrattualmente diritto di rifiutare o ridurre la propria prestazione.
3. Nel giudizio promosso contro l’impresa di assicurazione è chiamato anche il responsabile del danno.
4. L’azione diretta che spetta al danneggiato nei confronti dell’impresa di assicurazione è soggetta al termine di prescrizione cui sarebbe soggetta l’azione verso il responsabile”.

Data la varietà di incidenti stradali e la loro elevatissima frequenza, si è fatto un gran ricorso alle pronunce giurisprudenziali per ottenere  la definizione del concetto di circolazione  e del concetto di strada aperta al pubblico transito.
L’importanza di capire quando un veicolo sia in circolazione e quando il sinistro si verifichi in area pubblica o aperta al pubblico, è di  immediata evidenza dato che i danneggiati in  ipotesi di tal fatta, sono tutelati dall’applicazione della normativa RCA e dal conseguente coinvolgimento della compagnia assicuratrice che per le legge e per capacità finanziarie garantisce il ristoro dei danni. Ben diversamente può dirsi nel caso in cui un  danneggiato debba rivolgersi al soggetto privato che ha provocato il danno, il cui patrimonio può non essere capiente.
Poiché entrambi i concetti non sono precisati  nella norma di legge, la giurisprudenza ha definito – per il caso che ci occupa – il concetto  di strada aperta al pubblico transito, intendendosi per tale un’area di proprietà pubblica o privata che sia aperta ad un numero indeterminato di persone alle quali sia data la possibilità giuridicamente lecita di accedervi anche nel caso in cui dette persone appartengano ad una o più categorie specifiche o accedano nell’area per finalità specifiche o per particolari condizioni.

La soluzione
La Suprema Corte non accoglie il ricorso dei genitori di Tizia, avvalorando le motivazioni sostenute dalla Corte d’Appello in merito al concetto di area aperta al pubblico transito.
Richiamando la precedente e costante giurisprudenza sul punto, il Collegio conferma che  per area aperta al pubblico debba intendersi  un’area anche privata ma a cui acceda una quantità indeterminata di soggetti che a vario titolo, e anche per scopi specifici, debbano transitare nell’area (ad esempio, gli avventori di supermercati, di impianti di distributori carburanti, di esercizi  commerciali, di cantieri edili, di parcheggi in aree  condominiali etc… ).
Nel caso di specie, invece, il luogo in cui si è verificato  il sinistro era una rampa di discesa ai garages privati (di cui i genitori di Tizia erano proprietari), la quale per la sua connotazione rappresenta un luogo al quale  poche e ben determinate persone possono accedervi, che corrispondono a tutti, ed esclusivamente, a coloro  che devono compiere una manovra di ingresso o di uscita dai garage nei quali hanno il diritto a ricoverare  il veicolo.
Dette persone rappresentano una ben determinata  categoria di persone, ma soprattutto una limitata e distinta tipologia; la rampa di accesso, pertanto, non  può essere ritenuta un’area equiparabile a quella di  pubblico transito.
La Corte evidenzia, altresì, che nessun rilievo può essere dato alla circostanza che nei pressi dei suddetti garage, vi fossero dei negozi frequentati da un  pubblico indistinto. Infatti gli avventori dei negozi non potevano per certo accedere o occupare a rampa di accesso a garage  privati.
Giunta a detta conclusione, si determina che i genitori di Tizia non potevano svolgere l’azione di risarcimento direttamente nei confronti della compagnia assicuratrice del danneggiante, proprio in ragione del carattere privatistico dell’area che esclude la copertura  assicurativa obbligatoria per la circolazione stradale. È bene non confondere, comunque, tale concetto con la possibilità oramai prevista in molte polizze RCA di assicurare i danni causati dalla circolazione che avviene  in aree private.
Da punto di vista processuale in questi casi, comunque,  la domanda di risarcimento dovrà essere diretta nei soli confronti del danneggiante, posto che il terzo è estraneo al contratto assicurativo le cui clausole non possono spiegare alcun valore nei suoi confronti. Sarà poi il danneggiante che attiverà la specifica clausola e che beneficerà – se nulla osta – della garanzia in manleva della propria compagnia.

Il fatto

La minore Tizia, in compagnia della mamma, mentre procede in discesa sulla rampa che conduce ai garage ubicati sotto la propria abitazione, viene investita dalla vettura di Caio e subisce delle lesioni personali.
I genitori di Tizia chiedono alla compagnia assicuratrice del veicolo di Caio il risarcimento dei danni subiti dalla minore  ai sensi dell’art. 22 L. 990/69 (il sinistro risale al 1998), ma la compagnia respinge il danno. I genitori di Tizia allora agiscono in giudizio per ottenere la condanna di Caio e della sua compagnia al pagamento dei richiesti danni. Nel costituirsi in giudizio la compagnia eccepisce che, nel caso di specie, gli attori non possono svolgere l’azione diretta nei suoi confronti perché il sinistro è avvenuto in un luogo privato, ove non è non operante l’obbligatorietà dell’assicurazione per la RCA.
Il Tribunale accoglie l’eccezione della compagnia poiché accerta che il sinistro si era verificato nella rampa di discesa che conduce ai garage privati e detto luogo deve considerarsi area  privata, non addetta al pubblico transito, circostanza che rende  inoperante la tutela prevista dalla legge sulla RCA e l’azione diretta di risarcimento del danno nei confronti della compagnia. Viene, altresì, respinta la domanda attorea in quanto gli stessi non avevano raggiunto la prova in merito alla responsabilità di Caio. La pronuncia di primo grado viene impugnata avanti alla Corte d’Appello dai genitori di Tizia, i quali sostengono che il  luogo in cui è avvenuto l’investimento della minore – ancorchè  area privata –- deve considerarsi aperta al pubblico transito, atteso che nel parco antistante la rampa, sono allocati degli esercizi commerciali e degli spazi per il parcheggio degli avventori. La Corte respinge le doglianze degli attori. Contro detta pronuncia gli stessi ricorrono avanti alla Suprema Corte. ¹


¹ Cassazione civile 3 aprile 2013 n. 8090

² Cass. Civ 11.06.12 n. 9441; 03.03.11 n. 5111; 23.07.09 n. 17279;  27.10.10 n. 20911;Tribunale Roma 05.06.12 n. 11665; Tribunale di Bari 22.08.12; Tribunale di Como 26.01.10; Tribunale di Monza 30.11.07; Giudice di Pace di Palermo 05.10.10